La cosa più grave

In merito alla telefonata del ministro della giustizia per rendere più rapide le pratiche per gli arresti domiciliari di Giulia Ligresti, la cosa più grave non è tanto la telefonata in sé, quanto che non si capisca di aver fatto una cosa grave. Anzitutto perché nella medesima condizione di Giulia Ligresti ci sono migliaia di detenuti, che però continuano a restare in carcere, quando potrebbero avere i domiciliari (e contribuire a rendere più vivibile il carcere stesso): perché Giulia Ligresti sì, tutti gli altri no?

E qui sta il secondo punto: la Ligresti è stata “facilitata” perché la sua famiglia è in ottimi rapporti con quella della Cancellieri da anni (tanto che il figlio è stato manager Fonsai e l’anno scorso si è cuccato la bellezza di 3,6 milioni di euro di buonuscita); perché “l’atto doveroso di umanità” non viene compiuto anche nei confronti degli altri detenuti, ma solo per gli “amici”? Dove sta l’art. 3 della Costituzione e il principio di uniformità di trattamento? Nel cesso delle relazioni interpersonali su cui si basa il capitalismo nostrano, che può sempre contare su un paracadute di salvataggio, grazie alle amicizie che contano.

Sia chiaro: se Giulia Ligresti aveva diritto ai domiciliari è un bene che li abbia avuti. Ma il punto non è questo: a non essere compatibili col carcere ci sono migliaia di detenuti, molti dei quali si suicidano anche. Perché per il figlio dell’amico la pratica è stata velocizzata, mentre per moltissimi altri magari i domiciliari vengono negati perché hanno i santi in paradiso?

Non c’è nulla di penalmente rilevante, ma la Questione Morale non ha nulla a che vedere con la questione giudiziaria: è l’uso di risorse pubbliche (in questo caso di influenza) per interessi privati (far ottenere velocemente i domiciliari all’amica di famiglia).

Negli USA per cose molto meno gravi che l’intervento diretto su una procura per agevolare misure detentive alternative al carcere, i politici si dimettono seduta stante. Non provano nemmeno a difendersi: se ne vanno a casa e la loro carriera politica è finita. E non c’è atto di umanità che tenga. Perché se i cittadini sono tutti uguali davanti alla legge, favorirne uno, è una cosa gravissima. Soprattutto per il ministro della giustizia.

La Cancellieri deve dimettersi. Subito. Non c’è “ma” che tenga. Ha disonorato l’istituzione che rappresenta.